Avvocato Bologna | Studio Legale Diritto Civile
Attenzione!
È possibile fissare appuntamenti di persona o in video-chiamata. Per concordare data e ora scrivete a info@avvocatobiagini.it o telefonate allo 051-832684
Avvocato Bologna | Avvocato Modena Avvocato Bologna | Avvocato Modena Studio legale Bologna Studio Legale Modena Avvocato separazione Avvocato divorzio Affidamento figli Coppie di fatto Testamento e successione Amministrazione di sostegno Sfratto Recupero crediti Adozione Infortunistica medica Infortunistica stradale Cittadinanza Studio Legale Bologna | Studio Legale Modena Processo civile Pareri legali online News
Avvocato Bologna | Studio Legale Bologna
CONTRIBUTO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI
sabato 07 maggio 2016 - 09:16

L'assegno di mantenimento dei figli va pagato integralmente anche nei periodi di permanenza degli stessi presso il genitore che lo versa

 

Il caso: due coniugi si separano, la figlia viene affidata ad entrambi ma con residenza presso la madre. Il giudice dispone quindi che il padre paghi un contributo di mantenimento.
Capita più volte che il padre ospiti la ragazza, anche per periodi prolungati, soprattutto nel periodo delle vacanze estive. In quelle occasioni egli sospende arbitrariamente il pagamento dell'assegno alla madre, ritenendo già assolto il suo obbligo di mantenimento in forma così detta diretta (provvedendo direttamente alle esigenze della figlia).
Ne nasce una lite tra i genitori: la madre sollecita il pagamento delle quote arretrate, non versate, il padre si oppone.

 

La sentenza: il Tribunale di Roma (sentenza 6228/2013) dà ragione alla madre e dispone che il pagamento sia dovuto. Il padre aveva modificato di propria iniziativa, e senza alcun accordo, le condizioni pattuite in sede di separazione e non gli era consentito farlo per il solo fatto di avere ospitato la figlia presso di sè.

La sentenza in esame non costituisce una novità nel panorama giurisprudenziale. L'assegno di mantenimento, infatti, anche quando suddiviso in rate mensili, è calcolato in rapporto ad un intero anno e include ogni evenienza che si verifichi nel suddetto periodo. Pertanto la sospensione durante i periodi di permanenza presso la residenza del genitore onerato di tale versamento è illegittima.

 

Gennaio 2014

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

NEGOZIAZIONE ASSISTITA
sabato 07 maggio 2016 - 09:14

La negoziazione assistita è legge

 

L'istituto della negoziazione assistita (legge 10 novembre 2014, n.62) ha lo scopo di ridurre il numero dei contenziosi da trattare nei tribunali.

 

Alle parti viene data la possibilità di "risolvere in via amichevole una controversia, tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo".

 

Può riguardare ogni materia, con l'esclusione di:
- diritti indisponibili
- materia di lavoro
- casi in cui è prevista la mediazione obbligatoria

 

L'accordo può essere raggiunto in un arco temporale massimo di tre mesi e produce gli stessi effetti di una sentenza.

 

Il legislatore prevede anche casi un cui la negoziazione assistita è obbligatoria (per cui non è possibile procedere direttamente con la domanda giudiziale ma occorre prima esperire la negoziazione stessa):
- risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti
- pagamento a qualsiasi titolo di somme, purchè non eccedenti 50.000 euro e non riguardanti controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria.

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

MEDIAZIONE CIVILE OBBLIGATORIA E FACOLATIVA. MEDIAZIONE CIVILE VOLONTARIA E DELEGATA
domenica 10 aprile 2016 - 09:29

La mediazione civile

 

Per mediazione si intende "l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa" .
Sono di diritto mediatori gli avvocati iscritti all'albo.
Nella mediazione civile le parti devono essere assistite da un avvocato.

 

La mediazione può essere obbligatoria, facoltativa o giudiziale.

 

Mediazione obbligatoria significa che non è possibile agire in giudizio se prima non si è esperita questa procedura. E' obbligatoria in una serie di materie indicate dal Legislatore, in continuo aggiornamento (attualmente condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari).

 

La mediazione facoltativa è quella procedura radicata su impulso volontario delle parti, che preferiscono provare a dirimere la controversia al di fuori delle aule giudiziarie.

 

E' infine mediazione giudiziale (o delegata) quella disposta dal Giudice nel corso del processo. Il processo non si arresta, ma rimane (in senso a-tecnico) temporaneamente "sospeso" in attesa dell'esperimento della mediazione, i cui esiti vengono portati all'attenzione del Giudice all'udienza immediatamente successiva.

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

TESTAMENTO OLOGRAFO. LA RICHIESTA DI CANCELLAZIONE DI FRASI
sabato 09 aprile 2016 - 09:27

La cancellazione di frasi dal testamento per giustificati motivi

 

Il caso: Una signora chiede al Tribunale che vengano cancellate alcune frasi contenute nel testamento del marito, prima che venga pubblicato.
Ritiene lesa la sua onorabilità in quanto il defunto ha manifestato la volontà che al suo funerale vengano invitate alcune donne, da lui frequentate in vita.
Invoca l'articolo 620del codice civile in forza del quale "per giustificati motivi, su istanza di chiunque vi ha interesse, il tribunale può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorità giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale".

 

La sentenza: il Tribunale (Reggio Emilia, sentenza 12/02/2015) respinge il ricorso, ritenendo che non sussistano i motivi per la cancellazione. Nel testamento non erano infatti precisate le date delle frequentazioni femminili e in più veniva espresso l'auspicio che la cerimonia funebre si svolgesse in piena armonia.

I giudici hanno inteso tutelare tutte le disposizioni del defunto contenute nel testamento, ritenendole non offensive nei confronti della moglie. Più in generale va detto che la tutela della volontà del de cuius, nel nostro ordinamento, è massima e può subire limitazioni solo in casi estremi.

 

Giugno 2015

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

RISARCIMENTO PER ERRORE MEDICO. LA RESPONSABILITA' DEL DENTISTA
venerdì 08 aprile 2016 - 09:20

Il dentista prima di intervenire deve verificare anche l'operato dei precedenti colleghi

 

Il caso: un dentista applica al paziente una protesi.
Lo strumento è privo di difetti, il lavoro è eseguito correttamente, ma sorgono ugualmente vari problemi per via della situazione pregressa del soggetto.
Il paziente lamenta infatti dolori e infezioni e la situazione si aggrava nel tempo.
Per alleviare le sofferenze del paziente la protesi viene infine rimossa, con un intervento costoso.
Il paziente richiede il risarcimento delle spese di rimozione, ma il dentista non intende rifondere alcuna somma, ritenendo di aver correttamente operato.
Il caso approda in Tribunale e in prima istanza il paziente vede respinta la propria domanda.
La Corte d'Appello ribalta la pronuncia in quanto il dentista era tenuto a verificare anche il lavoro eseguito dai precedenti colleghi, prima di posizionare la protesi.

La sentenza: la Corte di Cassazione (sentenza 12871/2015) conferma la decisione di appello, dando ragione quindi al paziente. In definitiva il dentista, prima di applicare la protesi, doveva valutare la congruità degli interventi effettuati sul paziente dall'odontotecnico che era intervenuto in precedenza. E solo dopo scegliere la terapia più idonea per la situazione sottoposta al suo esame.
Di qui la responsabilità e la conseguente condanna.

 

La pronuncia è nel solco di un tendenziale ampliamento dell'area della responsabilità professionale.

 

Giugno 2015

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

ASSEGNO DIVORZILE. REVOCA DEL CONTRIBUTO
giovedì 07 aprile 2016 - 09:17

Il beneficiario dell'assegno divorzile perde il diritto in caso di stabile convivenza

 

Il caso: in sede di divorzio viene disposto che il marito versi un assegno di mantenimento alla moglie, allo scopo di garantire alla stessa di poter mantenere inalterato il precedente tenore di vita. Fra i due vi è infatti sperequazione reddituale. Successivamente la moglie inizia un rapporto di convivenza, ragion per cui il marito chiede che venga eliminato il suo obbligo.

 

La sentenza: la Corte di Cassazione (sentenza n.6855/2015) dà ragione al marito e stabilisce che il coniuge divorziato che conviva con un'altra persona perde il diritto all'assegno. Il presupposto per ottenere la revoca è che la convivenza presenti "i connotati di stabilità e continuità". In tale evenienza si può parlare, per la Suprema Corte, di "un modello di vita analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio". La convivenza, sotto questo profilo, ha quindi conseguenze identiche a quelle già previste nel caso di nuovo matrimonio contratto dal divorziato beneficiario dell'assegno (perdita del diritto).

 

Va detto che sempre a parere dei Supremi Giudici la perdita del diritto sarebbe definitiva (la successiva cessazione della convivenza non costituirebbe titolo per riottenere l'assegno divorzile).

 

Dicembre 2015

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

ANNULLAMENTO DEL MATRIMONIO. L'AZIONE E' PERSONALE
mercoledì 06 aprile 2016 - 09:16

Gli eredi non possono domandare l'annullamento del matrimonio

 

Il caso: successivamente alla morte del fratello due persone chiedono l'annullamento del matrimonio che questi aveva contratto anni prima con la domestica.
Argomentano che il congiunto era incapace di intendere e volere e aveva subito forti condizionamenti da parte della donna, in perfetta malafede.
In primo grado e in Appello i giudici respingono il ricorso, per difetto di legittimazione ad agire degli attori.
I giudici evidenziano che l'azione per l'impugnazione del matrimonio non può essere trasmessa agli eredi, salvo che il giudizio sia già pendente alla morte del soggetto di cui si tratta.

 

La sentenza: anche la Cassazione (Sentenza 14794/2014) respinge il ricorso con questa motivazione. "Il coniuge incapace di intendere e di volere è legalmente capace e, quindi, esclusivo titolare del potere di decidere se impugnare il proprio matrimonio a differenza del coniuge interdetto il cui matrimonio può essere impugnato da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo oltre dal tutore e dal pubblico ministero".

 

Gli eredi possono quindi solo proseguire un'azione di annullamento del matrimonio già intrapresa dal de cuius prima del decesso, ma non sostituirsi a lui nell'esercizio del diritto.

 

Giugno 2014

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

 

RISARCIMENTO DANNI DA SINISTRO STRADALE
martedì 05 aprile 2016 - 09:47

Cintura di sicurezza non allacciata: in caso di sinistro vi è concorso di colpa.

 

Il caso: se a seguito di un incidente stradale una persona riporta dei danni alla propria integrità fisica e non aveva le cinture di sicurezza allacciate, in linea teorica può ugualmente richiedere il risarcimento ma è possibile che l'importo venga ridotto per la sussistenza di un concorso di colpa, qualora si dimostri che la cintura avrebbe potuto ridurre l'entità delle conseguenze patite.

 

La sentenza: con una recentissima sentenza (126/2016) la Cassazione, seguendo altri precedenti conformi, ha confermato che "il mancato uso da parte della vittima della cintura di sicurezza può riflettersi sull'ammontare risarcitorio". In parole povere il risarcimento non viene escluso a priori, ma l'ammontare dello stesso può essere proporzionalmente ridotto per via del concorso di colpa della vittima.

Casi analoghi si verificano nell'ipotesi di investimento del pedone che attraversa al di fuori delle strisce pedonali.

 

Aprile 2016

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

IL DIVORZIO BREVE E' LEGGE
mercoledì 10 giugno 2015 - 09:36

Dalla separazione al divorzio: tempi ridotti dal Legislatore

 

La legge n.898 del 1970, la prima in Italia sul divorzio, prevedeva che dovessero trascorrere cinque anni dalla separazione per ottenere la pronuncia di divorzio.

Successivamente il legislatore riduceva a tre anni il periodo di separazione necessario per arrivare allo scioglimento del matrimonio (o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso).

Ora con la legge 11.05.2015 n.55 bastano sei mesi in caso di separazione consensuale e dodici mesi in caso di percorso giudiziale (il termine decorre dalla comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del tribunale nella procedura di separazione personale).

Non un divorzio immediato, quindi, ma tempi comunque ridotti per conciliare due interessi fra loro divergenti (ed entrambi meritevoli di tutela): da un lato la possibilità per i coniugi di rivedere la loro scelta (c.d. ripensamento e conseguente riconciliazione), dall'altro lato la necessità di definire rapidamente una situazione che si presenta, il più delle volte, irreversibile.

 

Giugno 2015

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

AFFIDAMENTO DEI FIGLI E POTESTA' GENITORIALE
mercoledì 03 giugno 2015 - 09:34

Conflitto insanabile tra genitori separati: per le cure del figlio malato decide un terzo.

 

Il caso: vi è aspro conflitto fra due coniugi. La moglie chiede la separazione giudiziale e l'affidamento esclusivo dei figli, con specifica richiesta di attribuzione a sé della facoltà di scelta in ordine alle decisioni di maggiore rilevanza (scolastiche, mediche e terapeutiche) riguardanti i figli.
Il marito chiede l'affidamento condiviso dei figli, con attribuzione a sé, in caso di mancato accordo fra i genitori, delle decisioni rilevanti in materia sanitaria.
Uno dei due figli della coppia è peraltro malato e viene quindi disposta anche l'audizione dei medici che lo seguono in centri specializzati.

La sentenza: il Tribunale (Reggio Emilia - sentenza dell'11/6/2015) decide per il figlio malato l'affidamento condiviso ad entrambi i genitori, ma attribuisce "le decisioni di maggior rilievo involgenti il percorso riabilitativo e di sostegno predisposto al Centro di Neuropsichiatria infantile". La ragione fondamentale di tale decisione risiede per i Giudici nel conflitto dei coniugi, aspro e insanabile.

I diritti inerenti i figli sono di natura indisponibile, per cui il Tribunale, nel loro interesse, può andare oltre le richieste stesse delle parti, e arrivare (come nella fattispecie) a disattenderle entrambe.

 

Giugno 2015

 

N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.

 1  2  3  4  5  6 
PORTALE SOTTOPOSTO A MONITORAGGIO ANTI-PLAGIO.
È VIETATA OGNI RIPRODUZIONE, TOTALE O PARZIALE, ANCHE IN STRALCIO DEI CONTENUTI DI TUTTE LE SEZIONI.
OGNI ILLECITO SARÀ PERSEGUITO IN SEDE CIVILE E PENALE E POTRÀ ESSERE SEGNALATO ALLA POLIZIA POSTALE.
SI RAMMENTA LA RESPONSABILITÀ SIA DEL WEBMASTER CHE DOVESSE PRELEVARE INDEBITAMENTE I CONTENUTI DI QUESTO SITO CHE DEL TITOLARE DEL DOMINIO CHE DOVESSE OSPITARLI.